One planet One future: quando l’arte sostiene l’ambiente

One planet One future: questo il nome di un progetto artistico ideato da Anne De Carbuccia, insieme alla Fondazione Time Shrine.

One planet one future, "Areang 1", Anne de Carbuccia
One planet one future, “Areang 1”, Anne de Carbuccia (Foto presa dal sito oneplanetonefuture.org)

Nome evocativo dal significato forte: un pianeta, un futuro. Azioni sbagliate, scarsa attenzione per il benessere del pianeta e dei suoi abitanti, sfruttamento intensivo, stanno distruggendo l’ambiente e causando mutamenti climatici.

Animali, piante, ecosistemi: tanto è già andato perduto e tanto altro lo stiamo per perdere. Qualcosa c’è ancora, ma per quanto tempo?

Da queste considerazioni prende le mosse il progetto artistico della fondazione Time Shrine.

All’interno del progetto, la mostra fotografica di Anne de Carbuccia, ospitata nel 2018 presso le carceri di Castel dell’Ovo a Napoli, ha fornito un quadro complessivo del mondo che sta per scomparire.

Forti ed evocative, le immagini di Anne riflettono un mondo che sta cambiando e scomparendo troppo in fretta: “It documents what we have, what we are losing and what we have already lost”.

One planet One Future: sensibilizzare attraverso l’arte

L’arte può toccare le corde più profonde del sentimento e della psiche umana. Dai graffiti delle grotte di Lascaux a quelli che nottetempo compaiono, per mano di Bansky e di altri artisti, sui muri dei nostri edifici, passando per le meraviglie della Cappella Sistina: antica quanto l’uomo, l’arte lo accompagna da millenni, testimone silenziosa di tanti avvenimenti, “figlia del suo tempo e spesso madre dei nostri sentimenti”, come diceva il maestro Kandinsky.

Usata nel modo giusto, l’arte può diventare un potente mezzo di sensibilizzazione, passando da puro atto estetico a vero e proprio atto sociale.

La Fondazione Time Shrine lo sa bene; per questo ha scelto di affidare il suo messaggio di sensibilizzazione anche un progetto artistico: One planet One future.

Anne de Carbuccia, "Planet"
Anne de Carbuccia, “Planet” (Foto presa dal sito oneplanetonefuture.org)

La loro mission è quella di diffondere la conoscenza dei danni ambientali e climatici causati dall’uomo, smuovendo all’azione. Oltre all’arte, ricorrono a progetti educativi, eventi e seminari.

Anne de Carbuccia: One planet One future

Artista e regista, Anne de Carbuccia è la fondatrice di Time Shrine.

La sua arte la porta a viaggiare in tutto il mondo. Attraverso la fotocamera e la macchina da presa, documenta e tiene traccia di ciò che stiamo per perdere: luoghi, animali, ma anche culture che, a causa dei danni inflitti al pianeta, potrebbero scomparire entro breve tempo.

Anne de Carbuccia, "Sudan Dusk"
Anne de Carbuccia, “Sudan Dusk”. La foto ritrae l’ultimo esemplare di rinoceronte bianco, morto nel 2018. (Foto presa dal sito oneplanetonefuture.org)

Tramite il suo lavoro desidera mutare i comportamenti delle persone, insegnando il rispetto per l’ambiente e spronando a scegliere stili di vita più sostenibili.

Tra le opere che l’artista ha dedicato al tema ambientale, il breve documentario One Ocean, presentato alla 75^ Mostra Internazionale d’Arte del Cinema di Venezia. In 11 minuti, questo cortometraggio mette in evidenza i legami tra le nostre azioni e i fenomeni ambientali, e pone un quesito: è questo quello che vogliamo? La risposta è no, naturalmente, perché, come dice la stessa regista, “la spazzatura non può essere la nostra archeologia”.

One – One planet One Future: la mostra fotografica

Le opere dell’artista franco-americana sono state esposte anche nel nostro Paese. Oltre a una mostra permanente a Milano, dove si trova la sede italiana della Fondazione, ha esposto a Firenze e Napoli.

La città di Napoli ha ospitato, nel 2018, presso le prigioni di Castel dell’Ovo a Napoli, la mostra dal titolo “One planet One future”.

Foto della mostra fotografica di Anne de Carbuccia "One planet One Future". Napoli, 2018.
Foto della mostra fotografica di Anne de Carbuccia “One planet One Future”. Napoli, 2018. (Immagine presa dal sito annecarbuccia.com)

Curata dalla stessa Anne de Carbuccia, era suddivisa in quattro sezioni: animali, foresta, mare e plastica.

Le fotografie, scattate tra il 2014 e il 2018, mostravano luoghi in apparenza incontaminati, ma in cui la mano dell’uomo aveva già lasciato il segno. Alcune fotografie erano state scattate in Italia.

Anne non si è limitata a immortalare ciò che si presentava ai suoi occhi, ma è intervenuta unendo la fotografia naturalistica a installazioni o veri e propri interventi di Land Art.

Trait d’union di tutte le fotografie: la presenza di un Timeshrine, un “altare del tempo”, e di due elementi estranei alla scena, un teschio e una clessidra. La scelta di questi due elementi non è casuale e ha radici seicentesche.

Anne de Carbuccia, "Disposable sunset - Panoramic"
Anne de Carbuccia, “Disposable sunset – Panoramic” (Foto presa dal sito oneplanetonefuture.org)

Nel 1600 videro la luce opere che raffiguravano nature morte in cui comparivano oggetti simboleggianti la caducità della vita. Erano le vanitas, così chiamate dal passo biblico che apre le Ecclesiaste: “vanitas vanitatum, et omnia vanitas”.

Vanità delle vanità, tutto è vanità: tutto è caduco, dunque, destinato alla morte e alla sparizione. Questo ci comunica Anne, inserendo il teschio e la clessidra nelle sue fotografie, nelle sue vanitas.

L‘altare del tempo era invece costruito con gli oggetti che l’artista aveva a disposizione, recuperati nell’ambiente e posti al centro della scena.

Anne de Carbuccia, "Costellation 1"
Anne de Carbuccia, “Costellation 1” (Foto presa dal sito oneplanetonefuture.org)

Il tempo sta per finire, ci dice il suo lavoro; le nostre azioni, spesso sconsiderate, stanno strappando al mondo la sua bellezza e presto sarà troppo tardi per porvi rimedio.

L’arte al servizio dell’ambiente

Anne non è certo la prima artista che dedica il proprio percorso di ricerca e sensibilizzazione alle cause ambientali. Il suo lavoro si colloca all’interno di un filone fertile e vitale, in cui hanno operato artisti di varie correnti, con progetti che spaziano dalle installazioni dell’arte povera alla land art.

Uno dei più noti e discussi è stato Joseph Beuys, l’artista sciamano di cui, il 12 maggio, sono stati festeggiati i 100 anni dalla nascita. Ambientalista, già negli anni Settanta guardò con le sue opere alla natura e alla sostenibilità.

Tra le sue opere di maggiore impatto ambientale, la 7000 Eichen, con la quale desiderava piantare, in 5 anni, 7000 querce a Kassel. L’intervento venne portato a termine dal figlio, Wenzel Beuys, il quale piantò l’ultimo albero – non vennero piantate solo querce – nel giugno del 1987, un anno e mezzo dopo la morte del padre.

Tra i maggiori artisti che guardano o hanno guardato all’ambiente possiamo ricordare gli italiani Giuliano Mauri e Iena Cruz, street artist che realizza murales utilizzando vernici in grado di assorbire lo smog, lo scandinavo Olafur Eliasson e Michael Pinsky.

Quest’ultimo, per smuovere la consapevolezza ambientale, ha trasformato l’inquinamento in arte con l’installazione Pollution Pods. Dentro cinque capsule geodetiche, ha ricreato l’aria inquinata di cinque metropoli: Londra, Pechino, Nuova Delhi, San Paolo e, per contrapposizione, Tautra.

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Riguardo Eva

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